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 03 - Le Alfa storiche
 Alfetta, Alfetta GT/GTV, Giulietta, Alfa 6
 Alfa Romeo GTV6 2.5
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Bobby
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Inserito il - 08/05/2008 : 00:23:10  Mostra Profilo Invia a Bobby un Messaggio Privato
Alfa Romeo GTV6 2.5

L'articolo completo su Automobilismo d'Epoca maggio 2007


1- Introduzione

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“E’ un motore da 200 CV” - disse Giuseppe Busso - che del sei cilindri a V da 2,5 litri montato sotto il cofano dell’Alfetta GTV6 è stato il padre. Sottintendendo, con questo, che il motore era stato volutamente limitato a 160 CV per privilegiare la progressione a basso numero di giri e il contenimento dei consumi. Per dare a questo coupé Alfa Romeo il tono di una vera Gran Turismo, capace di tirar fuori le unghie quando occorre, ma docile quanto basta per essere guidata con scioltezza e nel comfort durante i viaggi di lavoro o di piacere. La GTV6 2,5 è il punto d’arrivo di un progetto nato con l’Alfetta Gt del 1974 ed evoluto fino ad avere sotto il cofano un motore capace di sfruttare in modo completo le grandi potenzialità del telaio. Ad orientare i vertici della Casa verso l’aumento di cilindrata fu, nel 1979, l’arrivo dell’Alfa 6, dalla quale la GTV6 mutuò il motore con la variante dell’alimentazione ad iniezione elettronica anziché a carburatori.

2- Il motore

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Il sei cilindri da 2492 cm3 dell’ammiraglia fu ritenuto (a parità di prestazioni) una soluzione migliore rispetto al quattro cilindri di due litri sovralimentato: e questo per la maggiore facilità e souplesse di guida. L’ipotesi del turbo fu così accantonata, con soddisfazione dei motoristi Alfa Romeo che verso questa soluzione non avevano mai nutrito troppa simpatia. Le uniche perplessità erano di tipo commerciale: oltre i due litri di cilindrata (per vetture a benzina) scattava l’IVA pesante che faceva lievitare a dismisura il prezzo d’acquisto, per di più su di un modello che era sulla scena da sei anni. Perplessità, comunque, che svanirono ben presto: il coupé Alfetta vantava una schiera di affezionati estimatori i quali, superate le incertezze della seconda crisi energetica del 1979, manifestavano un crescente gradimento verso un modello che in fatto di stile ha fatto scuola. L’accoglienza del mercato verso questa 2 litri e mezzo fu quindi calorosa, superiore persino alle aspettative della stessa Casa specialmente all’estero, dove la sovrattassa d’acquisto non c’era. Oltre che nei Paesi di lingua tedesca, le GTV 6 furono richieste specialmente negli Stati Uniti, in Australia, in Inghilterra, in Sud Africa e persino in Francia, terreno da sempre ostico per i nostri modelli.

3- Paraurti in resina elastica

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Anche se il corpo vettura non subì modifiche, fu l’ampio utilizzo di materia plastica, abbinato ad una rivisitazione dell’interno, a conferire una nuova e più incisiva personalità a questa GTV6 che diveniva il modello di punta della gamma. La novità più evidente era costituita dai paraurti in resina elastica, di colore grigio scuro e avvolgenti. Quello anteriore ospita gli indicatori di direzione e, al di sotto, forma una presa d’aria sdoppiata. Diverso è anche lo spoiler, pronunciato verso l’avanti e ora formato in un’unica soluzione. Le modifiche erano completate dalla nuova calandra in plastica nera che presenta uno scudetto ristilizzato. Sul cofano compariva un rialzo con un inserto centrale (anch’esso di plastica) che, oltre a far riconoscere a colpo d’occhio la GTV6, donava aggressività al frontale sottolineando la potenza del nuovo motore. Non era, però, solo un motivo estetico: serviva a creare spazio per l’impianto d’iniezione sistemato al centro del V formato dai cilindri. Dietro, oltre al nuovo paraurti e alla targhetta identificativa (recante la scritta “Alfa Romeo gvt6 2.5”) sul bordo del portellone, si notavano i gruppi ottici più grandi che incorporavano anche l’utile retronebbia. Sul montante posteriore scompariva la scritta GTV che funge da sfogo dell’aria viziata dell’abitacolo, sostituita da una mostrina di plastica. Alla parte inferiore della carrozzeria era stato aggiunto un profilo raccordato ai parafanghi, il quale, oltre a snellire la fiancata, proteggeva il lamierato sottoporta dalla proiezione di brecciolino.

4- Interni

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All’interno la novità era la plancia con la strumentazione principale riportata dietro al volante, anch’esso di nuova foggia e di diametro inferiore al precedente. Al centro rimanevano gli strumenti secondari. A lato del contagiri c’era finalmente anche l’orologio, stranamente mancante nelle precedenti versioni di minor cilindrata. Sul tunnel centrale si notava l’interruttore per la regolazione elettrica del retrovisore esterno: per il resto l’allestimento era quello della precedente GTV 2000 L, con l’unica differenza di un diverso motivo di decorazione della selleria. Tutti i profili cromati lungo i finestrini, i gocciolatoi e le maniglie porta avevano assunto la colorazione nero opaco: erano stati invece eliminati quelli posti lungo le guarnizioni del cristallo e del lunotto.

5- Il restyling

Prestazioni elevate, piacere di guida, comfort ed economia di esercizio, furono la chiave dell’incoraggiante riscontro di vendite che indusse l’Alfa Romeo, nel 1983, a prendere in considerazione un robusto restyling che proiettasse questa sportiva verso gli anni ’90. Il Centro Stile Alfa Romeo e lo stesso Giugiaro (autore della splendida linea di questo coupé) proposero alcune soluzioni interessanti, tra le quali ce n’era una che prevedeva una nuova plancia con il cruscotto regolabile in funzione della posizione in altezza assunta dal volante. Si notava una particolare attenzione al perfezionamento della già buona penetrazione aerodinamica della carrozzeria, con l’eliminazione degli spigoli, l’aggiunta di uno spoiler posizionato più in alto sul portellone e uno studio volto a meglio raccordare l’accoppiamento delle parti accessorie con il profilo della carrozzeria. Il frontale era stato rivisto adottando una diversa calandra con una coppia di fari di forma rettangolare allungata, recanti all’estremità gli indicatori di direzione.


L’intento comune alle diverse proposte era di dare nuova personalità ad un modello (alla cui linea si ispirarono la Porsche 924 e la Renault Fuego) che aveva dimostrato di possedere un’impostazione tecnica e progettuale di elevato contenuto, dimostrata, fra l’altro, dall’impeccabile superamento dei crash-test più severi negli Stati Uniti dove si era guadagnata la fama di auto più sicura della categoria. La mole delle modifiche avrebbe tuttavia richiesto investimenti che furono giudicati eccessivi, visto il momento di difficoltà che avrebbe consegnato la Casa del Portello alla Fiat. Si preferì allora semplificare il restyling, accentrando gli interventi all’interno dell’abitacolo, mentre all’esterno si notavano l’aggiunta di un largo profilo in plastica lungo la fiancata all’altezza del bordo superiore dei paraurti e la nuova targhetta con il solo nome “GTV6 2.5” di diversa grafica.Quest’ultimo intervento esaltò ulteriormente la vocazione al granturismo della GTV6, conferendo all’abitacolo un aspetto d’elegante e raffinata sportività. Particolarmente belli e riusciti erano i nuovi sedili, con il piano di seduta pronunciato in avanti per sostenere le cosce. Quelli anteriori erano dotati di nuovi appoggiatesta a rete incorporati allo schienale. Di nuovo disegno erano anche i pannelli porta e i fianchetti posteriori, con colori e materiali armonizzati alla selleria.

6- Il Capitolo agonistico

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Dopo l’uscita di scena della GTAm, erano state le Alfetta Gt e GTV 2000 a mantenere alto nelle competizioni il nome della Casa del Biscione. La preparazione della vettura, tuttavia, era stata in sostanza lasciata ai privati, dato che la Casa era impegnata nella fornitura dei 12 cilindri boxer alla Scuderia Brabham di formula 1 e a preparare le proprie 33 per gareggiare nel Mondiale Marche. Con il risultato che, pur avendo fatto intravedere grande competitività a livello assoluto (splendida l’affermazione di Amilcare Ballestrieri al Rally dell’Isola d’Elba del 1975), era mancato quello sviluppo che solo il reparto corse della Casa poteva portare avanti.Quando all’Alfa Romeo, nel 1975, si resero conto che i successi nei rally erano un cassa di risonanza altrettanto importante che quelli in pista, decisero di scendere in campo per preparare una vettura in grado di sbaragliare la concorrenza più agguerrita che aveva la punta di diamante nella Lancia Stratos.

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L’Alfetta Gt (con carrozzeria in alluminio) fu così equipaggiata con un motore V8 di tre litri derivato da un motore marino, a sua volta ricavato dal V8 della Montreal: un propulsore da 340 CV! Le prove comparative con la Stratos, portate avanti dai piloti della Casa, palesarono la grande competitività della nuova Alfetta Gt V8, che spiccava ovunque tempi migliori della stessa Stratos. In qualche rally al quale partecipò in via sperimentale, la vettura dimostrò di poter farla da padrona a fronte della concorrenza più agguerrita, prima di ritirarsi per noie meccaniche. Problemi d’iniziale messa a punto a parte (cambio e trasmissione per adeguarli alla nuova potenza) l’esperienza morì per...mancanza di motori, dato che, come abbiamo detto, la linea dei motori Montreal era stata fermata. Costruire 400 unità stradali per ottenere l’omologazione (anche a fronte della sicura vendita sul mercato) avrebbe comportato un costo esorbitante, ragione per cui l’esperienza terminò per proseguire con la GTV 2000 aspirata. La quale, con le sue vittorie in gruppo 2 colte nel triennio 1976-1979, aveva fatto tuttavia capire chiaramente quale fosse il potenziale della vettura, che, con una motorizzazione più spinta, avrebbe potuto fruttare alla Casa del Portello il titolo Mondiale Rally o l’Europeo Turismo.



In quest’ottica ci aveva pensato l’Autodelta ad allestire, nel 1980, una versione sovralimentata del bialbero di due litri (l’Alfetta GTV Turbodelta omologata in gruppo 4) e con ottimi risultati in termini di competitività a livello assoluto, il cui limite era però costituito dalla scarsa affidabilità viste le precarie risorse a disposizione per la messa a punto della vettura, dato che l’Autodelta era a quel tempo occupata soprattutto a preparare la monoposto Alfa Romeo di Formula 1.L’arrivo della GTV6 risolse d’un colpo i problemi. Era l’arma ideale per gareggiare nell’Europeo Turismo, dove, nel 1982, era subentrato il nuovo regolamento con la creazione del gruppo A che sostituiva il vecchio gruppo 2.La strutturazione in tre classi, fino a 1600, fino a 2500 e oltre i 2500, studiata per incrementare lo spettacolo, si rivelò una formula efficace per rendere incerto il campionato. L’Europeo poteva in tal modo essere vinto anche da una piccola 1600, qualora avesse dominato la sua classe, riportando un maggior numero di vittorie nei confronti delle vetture che gareggiavano in classi superiori. La GTV6 dominò la classe fino a 2500 vincendo la propria divisione in otto prove su undici e lasciando all’Audi Quattro coupé le altre tre prove.Un sostanzioso apporto venne fornito anche dall’indimenticata ex pilota di F1 Lella Lombardi in coppia (fino alla gara di Brno) con Anna Cambiaghi e poi con Palma. Nel corso della sua lunga carriera agonistica la GTV 6 fu vettura estremamente versatile. Vinse in pista, nei rally e nelle cronoscalate, dimostrando una perfezione di progetto che poche altre vetture hanno saputo palesare. Si dimostrò competitiva sui terreni più diversi, perfino lungo i massacranti toboga dell’East African Safari Rally guidata dal grande “Drago” Sandro Munari, che puntò proprio sulla GTV6 per conquistare il trofeo che mancava al suo palmarés. Si ritirò quando stava lottando con i primi per un banale guasto all’impianto elettrico.

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