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Giulietta Berlina (1955)
1. La vettura
Quando Vittorio Valletta, allora capo indiscusso in casa Fiat, seppe con certezza della Giulietta Sprint, tirò un sospiro di sollievo. Poteva andare peggio: l’Alfa Romeo avrebbe potuto sfornare un’utilitaria. E, anzi, così doveva essere, come rivelò anni dopo l’ex presidente della Casa del Portello, Giuseppe Luraghi. “I progettisti – ha spiegato – studiarono una vetturetta popolare con una cilindrata di poco meno di cinquecento centimetri cubici, a trazione anteriore e con il motore trasversale. Anticipava la Mini Morris e già si era pensato di produrla in quello che poi sarebbe diventato lo stabilimento di Pomigliano d’Arco. Ma il comitato dei ministri per il Mezzogiorno bocciò il progetto: non c’erano soldi”. Forse la storia dell’automobilismo italiano e non solo quella, sarebbe cambiata. Ma per la Fiat, che al Salone di Torino del ’54 portava in dote solo un avveniristico quanto irrealizzabile prototipo a turbina, mentre già tirava la volata alla 600, sarebbe stata una disastrosa beffa. Il fatto che l’Alfa avesse ambizioni di grandi numeri nella produzione di un’auto di media cilindrata, fu salutato come uno scampato pericolo. D’altra parte all’azienda milanese, passata sotto il controllo della neonata Finmeccanica e afflitta da gravi perdite, oltre che dal problema della riconversione postbellica, interessava unicamente assumere un nuovo assetto industriale. A poco era valso rinunciare alle corse automobilistiche dopo due campionati mondiali vinti, o ridursi a produrre cucine elettriche. Motori per l’aviazione non ne servivano più e le sole vendite della 1900 e degli autocarri non bastavano a garantire il lavoro ai 6.800 operai e ai 1.500 impiegati. Bisognava rimboccarsi le maniche e inventarsi la macchina del futuro.
Il progetto c’era. Per i soldi si trovò la soluzione del credito a medio termine accordato dalla Germania. Alla realizzazione invece lavorarono gli uomini del Portello, tutti d'altissimo livello. Il direttore generale era l’ingegner Franco Quaroni, suoi vice, Aloiso, Cattaneo e Rodolfo Hruska, ex braccio destro di Ferdinand Porsche ai tempi della prima Volkswagen. Poi c’erano progettisti del calibro di Orazio Satta Puliga, responsabile del progetto, Busso, per i motori e Garcea. Dal loro impegno comune nacque lo studio denominato con la sigla 750, un numero che doveva mettere fuori strada la concorrenza, facendo credere che l’Alfa fosse interessata a produrre un’auto di cilindrata inferiore a mille centimetri cubici. Il quattro cilindri con la raffinata distribuzione a doppio albero a camme in testa, le robuste sospensioni e i proverbiali freni, parvero da subito sprecati per una piccola utilitaria. “I primi prototipi – ricorderà l’ex pilota Consalvo Sanesi, che personalmente curava i collaudi sulle strade del lago di Garda, filavano come razzi”. Fu così che si decise di affidare a Nuccio Bertone la realizzazione di una piccola coupé sportiva.
L’urgenza dettata dai pesanti investimenti economici e dalla fame di risultati della gestione pubblica dell’azienda, determinarono la presentazione anticipata della Sprint sulla berlina: era il primo modello pronto da lanciare sul mercato e questo perché il suo assemblaggio avveniva direttamente nelle officine della carrozzeria torinese. La scelta di privilegiare il lancio della sportiva rispetto alla berlina, fu assai inedita, ms ineccepibile dal punto di vista tattico. Infatti, l'eccessiva attesa del nuovo modello già faceva dire a qualcuno che la nuova Alfa sarebbe nata già "vecchia". In questo modo, si riuscì a tacitare la stampa, mentre le qualità sportive di una coupè sarebbero state la migliore presentazione, una sorta di trampolino di lancio per la versione da turismo. Inoltre si pensò che produrre una fuoriserie fosse più semplice, in quanto, anche in caso di successo, la richiesta sarebbe stata contenuta. Ma la cosa non andò proprio così, ed al momento della sua presentazione ufficiale al 36° salone di Torino i concessionari Alfa Romeo furono letteralmente presi d'assalto e si dovette pensare immediatamente ad una rpoduzione in serie.
Per quanto riguarda il nome della nuova vettura la leggenda ci dice che l'idea di una Giulietta nacque la sera della presentazione ufficiale della Alfa 1900. Durante la presentazione della vettura al Gran Palais di Parigi, il pilota Wimille portò o dirigenti della casa milanese in un locale dove un principe russo intratteneva i clienti con battute e poesie. Riconoscendoli, il principe poeta si rivolse a loro dicendo: "Siete otto Romeo e non c'è neanche una Giulietta?" La frase rimase impressa nella loro mente a tal punto che, tre anni dopo, quando si dovette dare un nome alla vettura, fu prontamente rispolverata. Probabilmente però, l'origine del nome fu assai meno suggestivo, e semplicemente suggerito dalla signora De Cousandier, moglie del poeta Leonardo Siniscalchi, consulente per la pubblicità e l'immagine della Finmeccanica.
La berlina, la versione preferita dal grande pubblico è nata invece nel 1955. Due anni dopo l'affiancò una “pepatissima” TI (turismo Internazionale), che toccava anche i 160 km/h. Ed è proprio lei l’auto del miracolo che risollevò le sorti dell’Alfa Romeo: da sola costituisce la metà delle vendite complessive di quei tempi. Attorno al geniale motore Giulietta furono allestite le altre versioni: Spider (1955), Sprint Speciale e Sprint Zagato (1957). In totale furono costruite quasi 180.000 Giulietta, tutte con una vocazione sportiva spiccatissima, confermata dai successi agonistici conseguiti nelle varie Mille Miglia, Targa Florio e Tour de France, tanto per citare le gare più importanti. Un’epopea che ha attraversato gli anni del boom economico ed è giunta ai nostri giorni grazie anche alla traccia che ha lasciato e che va ben al di là delle semplici cifre.
2. Scheda tecnica
Motore 1290cc
Sistemazione anteriore longitudinale
N. cilindri 4 in linea
Potenza max 53 CV a 5500 giri/min
Coppia max 8,5 kgm a 3000 giri/min
Distribuzione valvole a V in testa. Due assi a camme in testa, doppia catena
Trazione posteriore
Frizione monodico a secco
Cambio meccanico a 4 marce + R.M. Comando a leva al volante
Sospensioni
Anteriore: a ruote indipendenti, bracci trasversali, molla elicoidale, barra stabilizzatrice
Posteriore: ad assale rigido, braccio longitudinale, braccio centrale triangolare, molla elicoidale
Ammortizzatori: idraulici telescopici
Ruote in lamiera stampata
Pneumatici 155 x 15
Freni impianto idraulico, anteriori e posteriori a tamburo
Dimensioni
Passo: 2,380 cm
Carreggiata ant.: 1, 280 m – post: 1, 270 m
Lunghezza: 3,990 m
Larghezza: 1,550 m
Altezza: 1,400 m
Pesi in ordine di marcia: 870 kg
Prestazioni
Velocità max: 136 km/h
Consumi: a 60 km/h, 7,3 litri/100 km - a 80 km/h, 8,7 litri/100 km
Prezzo in lire 1.375.000
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