|
|
|
|
|
Se vuoi contribuire ad integrare questo o altri articoli/speciali pubblicati in questo sito, o a pubblicarne di nuovi, puoi inviare il materiale in un file zip corredato di eventuali immagini in formato jpg, all'indirizzo e-mail ...
Il webmaster si incaricherà di inserire il materiale ricevuto avendo cura di indicare l'autore dello scritto.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Nasce la Giulia TI Super
Fu la prima macchina della storia dell’automobilismo italiano concepita per correre ma destinata alla normale vendita. Divenne un fenomeno di costume al punto tale che gli autoaccessori vendevano i quadrifogli verdi contraffatti e persino le automobiline dell’autoscontro imitarono la celebre calandra.
A contribuire al successo della Giulia TI Super furono numerosi fattori. Al momento della presentazione della Giulia TI sua progenitrice, gli Alfisti si chiedevano se la vettura sarebbe stata in grado di ripetere i successi sportivi conquistati con la Giulietta o con la 1900. La neonata Giulia, doveva cioè conquistare un palmares sportivo che le attribuisse quel qualcosa in più da renderla una macchina speciale. Visto il lassismo dei regolamenti sportivi dell’epoca, però, la Giulia TI non sarebbe stata in grado di calcare vittoriosamente le piste senza subire modifiche. I vertici del Portello decisero allora di creare la prima macchina della storia dell’automobilismo italiano che, nata per correre, potesse essere acquistata come una vettura normale. I successi per la Giulia TI Super arrivarono subito e con essi anche i numerosi consensi in termine di immagine anche per la più lenta T.I. Ma forse la spinta più grande alla fama della TI Super, fu la scelta delle forze dell’ordine di dotare le proprie pattuglie di queste vetture.
|
|
I rostri gommati della TI sono scomparsi. I due fari interni sono stati rimossi e sostituiti da una retina per l’accesso dell’aria ai carburatori. Compare la scritta TI Super sul bordo del cofano.
|
La vettura fu dotata di un volante a tre razze Hellebore, cambio a cloche e sedili avvolgenti a barchetta. Anche gli strumenti con il contachilometri a nastro furono sostituiti.
|
|
In realtà le Giulia di polizia e carabinieri erano vetture ibride, che si confondevano con la TI Super per alcuni particolari, come la calandra con i due finti fari con le retine per l’afflusso dell’aria.
Anche l’utente normale iniziò a trasformare la propria Giulia TI in una Super, cambiando la calandra, acquistando sotto banco dei finti quadrifogli che alcuni autoaccessori di pochi scrupoli avevano iniziato a falsificare, dotandosi dell’ambito volante a tre razze Hellebore, o istallando i sedili avvolgenti a barchetta. Nacquero così in quegli anni numerose T.I. Super fasulle. Tutto ciò che era attaccato al corpo macchina della T.I. Super divenne ben presto un feticcio, un fenomeno che solo la Ferrari dagli anni 80 in poi avrebbe ricalcato. Nessuna altra vettura prodotta in così pochi esemplari (ne furono costruite solo 500) potè vantare tanti e tali tentativi di imitazione.
|
|
Quasi da corsa
Soprannominata "Quadrifoglio", la "Giulia TI Super" era alleggerita di 90 kg rispetto alla versione normale e montava lo stesso motore della "Giulia SS", alimentato da due carburatori doppio corpo Weber e capace di erogare 112 CV DIN. Superava agevolmente i 185 km/h.
|
L'Alfa "GiuliaTI Super" vista da un brontolone.
di Aldo Farinelli
La dinastia delle «Giuliette» è stata prolifica di sottotipi, sino ad esigere una certa contabilità in chi ami mantenersi aggiornato sui cataloghi della produzione. Quando la «Giulietta» era comparsa, la nostra Rivista - lodando con entusiasmo la trovata gnomastica per la sua parentela col nome Romeo - esprimeva l’augurio che non si sciupasse il romantico richiamo con sottodistinzioni e sigle commerciali che avrebbero avuto un sapore quasi sacrilego. Non fummo accontentati: il successo tecnico della vettura consigliò di sfruttarne il nome per i successivi derivati. La mite fanciulla della leggenda si è tagliata le lunghe trecce ed è diventata una signorina furba, smaliziata, sportiva, dalle molte amicizie. Ha praticamente perduta la sua poetica associazione con l’eterno innamorato, perché le folle oggi amano la scioltezza anche linguistica, e per indicare la marca del Portello ci si ferma al primo nome, all’Alfa, che rispetto al Romeo funziona, grammaticalmente, da alfa privativa...
Avevamo dunque la signorina «Giulietta Alfa», che temeva di diventare zitella.
- Avessi almeno una sorella maggiore che mi conservasse il rango di sorellina! Così si confidava un giorno coi suoi genitori. E così nacque la «Giulia».
Per il malato di fisime letterarie, il nome è una vera eresia, perpetuando e commercializzando una deformazione e un malinteso. Ormai, in luogo di una signora Giulia, potevamo benissimo avere una «signora Antonietta», altrettanto matronale. O forse si è voluto reagire al precedente romanticismo con una punta di classicismo: ma allora perché non Julia, alla latina, da coniugare col greco Alfa?
Insomma, è andata così. E poiché tutti i nomi son belli se ben portati, badiamo alla sostanza. Non senza soggiungere che, dopo tutto, è meglio possedere un nome proprio, che una semplice sigla numerica nata per definire una cilindrata: ché poi il progresso evolve mentre la denominazione rimane, come certe signore che a cinquant’anni seguitano a farsi chiamare «Pupa»...
La «Giulia» poi, avendo mangiata la foglia, e prevedendo prima ancora di nascere i gusti un po’ spericolati della sua clientela, saltò addirittura lo stadio infantile, e si battezzò sin dalla nascita con un soprannome di superiorità: «Giulia T.I.». Vale a dire «Turismo Internazionale»: ipocrisia sanzionata dalla regolamentazione sportiva, che presume tutti agnellini entro i confini, leoni sulle grandi strade internazionali. Per noi italiani è tutto l’opposto, ma non importa. La sigla «T.I.», sinora usata per qualificare una macchina che lascia nella scia le compagne di cilindrata, suona bene e fa distinto. Diceva quel tale: perché non si sopprime l’ultimo vagone del treno, dato che nessuno lo gradisce? Perché non si sopprimono i tipi di auto senza qualifiche di eccellenza? Eccolo accontentato.
Tutto questo discorso viene acconcio quest’oggi, che l'Alfa ha lanciato un nuovo sottotipo di «Giulia», ancora più eccellente nelle sue caratteristiche di brillantezza, di sportività. La parola ci è sfuggita, ma è sacrosanta: anche se lo sport stride accanto a quel «T.I.» che, se pure internazionale, è pur sempre «turismo». Non potendo dare indietro, si è aggiunta al «T.I.» una qualifica di eccellenza di più alto grado: la nuova macchina sarà «Giulia T.I. Super». Parola latina che vuol dire semplicemente «Sopra», sottintendendo però: sopra il volgo del prossimo mio (da non confondersi, in nessun caso, col Regno dei cieli).
Il difficile verrà poi, dacché già si è scoperto come questo indemoniato motore della «Super» offra ancora dei margini per un eventuale ulteriore incremento di potenza e di velocità, cioè per un futuro terzo sottotipo (quarto, se annoverassimo la «Giulia» liscia, inesistente). Come lo si chiamerà, questo extra-super-sprint?
Davvero, dunque, gli automobilisti sono così bambini, da doversi baloccare con questa inflazione di epiteti? E se ricordassimo l’esempio delle Ferrovie che, dopo aver creato i treni accelerati, i diretti, i direttissimi, gli espressi, i grandi espressi europei, i «lusso» ed i «lampo», per caratterizzare un giorno il primo treno veramente veloce lo qualificarono, semplicemente «rapido»?
La nuova «Giulia T.I. Super» è dunque un «rapido» della produzione Alfa Romeo. Differisce dalla «Giulia T.I.», che i nostri lettori ben conoscono, in numerosi particolari, tanto da risultarne una macchina sostanzialmente nuova di carattere e di prestazioni (e non tutte in senso completamente positivo). Nel complesso, si tratta di una vettura sensibilmente più leggera (15% di minor peso) e più potente (21%). La potenza effettiva è di 112 CV DIN (129 SAE) a 6.000 giri: il che, per una vettura di 910 kg, determina un rapporto inferiore agli 8 kg per cavallo, decisamente più sportivo che turistico.
Infatti la velocità indicata dalla Casa è di «oltre 185 km all’ora»: troppi per una vettura leggera, avente passo, carreggiata e altezze normali. E l’accelerazione è ancora più spettacolare, da mandare in sollucchero tutti i giovani italiani, ai quali è destinato il «quadrifoglio» che sulle fiancate simboleggia la nobiltà della vettura.
L’alleggerimento e il «tono» più sportivo sono ottenuti più che altro a spese della carrozzeria, semplificata e sfornita d'ogni fronzolo e di ogni accessorio superfluo: coi posti anteriori separati a seggiolini anatomici, e le luci laterali posteriori sostituite da plexiglas fissi: inoltre adottando ruote fuse in electron (che realizzano il 30% di risparmio sul peso delle ruote in acciaio), sopprimendo l’isolamento acustico della scocca, e munendo il cambio di un corto e diretto comando centrale a cloche.
Alla spartana sobrietà nella nuova toeletta della vettura fanno contrasto (a giustificare il prezzo, elevato a 2.525.000 lire) non solo le raffinatezze tecniche introdotte per strappare la maggior potenza al motore, ma anche un inconsueto e comodo, per quanto necessariamente costoso, assortimento nei rapporti a disposizione della clientela. Vengono infatti offerte opzionalmente due diverse serie di rapporti per le 5 marce del cambio, accanto al normale della «T.I.» (3,30 - 1,99 - 1,35 - 1,00 0,79) è offerta la serie dei rapporti avvicinati (2,54 - 1,70 - 1,25 - 1,00 - 0,86). La coppia posteriore ipoide offre una scelta scaglionata fra il 5,125:1 (rapporto della «T.I.» normale) e il 3,72:1: macchina su misura, insomma, per ogni diversa sfumatura d'impiego.
Tra le altre caratteristiche ricordiamo: inalterate le formule di motore: 78 mm di alesaggio per 82 di corsa, su 4 cilindri pari a 1.570 cc di cilindrata) ma aumentata la compressione da 9 a 9,7. Le valvole in testa a V sono comandate direttamente da due alberi a camme che agiscono con l’interposizione di bicchierini a bagno d'olio. L'alimentazione è fornita da due carburatori, ciascuno a doppio corpo, con pompa di accelerazione. La coppia motrice massima non si presenta eccezionale: 13,5 kgm a 3.500 giri: però conserva questo valore per una vasta latitudine, sfiorando o coprendo i 13 kgm (DIN) dai 3.000 ai 5.000 giri/minuto. E questo è, forse, quanto di più «turistico» conserva la scattante vettura, che cominciando dall’introduzione ai posti anteriori (impacciati sui fianchi dai contenitori laterali) non offre certo un’accessibilità delle più agevoli. Ma sull’altare dello spirito sportivo, anche questa finisce col diventare quasi una civetteria.
Le misure della vettura, abbiam detto, sono pressoché normali: lunghezza massima 4.100, larghezza 1.560; passo 2.510, carreggiata 1.310 (anteriore) e 1.270 (posteriore); gomme di 155 x 15. I freni sono a tamburo: a tre ceppi autofrenanti davanti e a due ceppi autofrenanti dietro.
Altrettanto conservatrici le sospensioni: anteriore indipendente a bracci trasversali; posteriormente a ponte rigido, ancorato da puntoni longitudinali articolari con tamponi di gomma, con molle elicoidali ed ammortizzatori telescopici anti-emulsione, coassiali.
La guida è, opzionalmente, a circolazione di sfere, oppure a vite globoidale e rullo. Pure opzionale è un radiatore per refrigerazione supplementare del lubrificante.
Nel complesso, una macchina tecnicamente riuscita, estremamente aderente al suo programma di prestazioni brillantissime, impetuose, accapparranti per la tradizionale clientela dell'Alfa. Con un consumo non proibitivo (almeno finché non si richieda abitualmente una potenza prossima al massimo sviluppabile), può fornire gioie sportive di prim’ordine, e quella sicurezza, anche turistica, dei rapidi sorpassi, che in mano a guidatori ragionevoli è un punto all’attivo. Quanto agli altri, che ragionevoli non sono, non rimane che raccomandarli alla Divina Provvidenza. L’«alfismo», vanto della nostra tecnica, deve conservarsi una virtù: non diventare vizio o pretesto.
Paradosso finale: questa vettura da 190 km all'ora non solo potrà essere guidata dallo studentello patentato ieri e oggi promosso all’università, con le stesse formalità di una «500», ma pagherà di tassa soltanto per 17 cavalli, cioè 46.950 lire all’anno. Inutile istituire confronti magari con vecchie macchine d’anteguerra, peggio se a sei cilindri, di potenza effettiva inferiore alla terza parte. E non si dica che questo è progresso: perché la scandalosa ipocrisia delle tabelle fiscali compie proprio ora quarant’anni di vita.
al. far.
(Aldo Farinelli)
(Ripreso da Motor Italia n. 63 – Estate 1963)
Un po di tecnica
|
La TI Super cambia anche sotto al cofano: al posto del motore della T.I. normale, è stato installato il tipo AR00516 della Giulia Sprint Speciale che, grazie anche all'adozione di due carburatori Weber a doppio corpo 45DCOE, 112 cavalli (129 Cavalli SAE) a 6500 giri con una coppia di 12,5 kg/m a 4000 giri/minuto. Il motore è ancora il classico quattro cilindri bialbero da 1570 cc, collegato al solito cambio a cinque marce con comando a cloche, freni a disco sulle quattro ruote di marca Dunlop (senza servoassistenza). Nella seconda serie prodotta venne inserito un servofreno che però non era utilizzato nella versione da corsa (restava la sola staffa di montaggio).
Il peso della vettura è contenuto in 910 kg che le consentono un buono scatto e grazie all'eccellente cx della macchina può agevolmente superare i 185 km/h.
Pensata da Alfa Romeo per dare uno strumento vincente ai piloti privati, è inizialmente proposta al prezzo di 2.525.000 lire poi ribassato a 2.400.000, contro i 1.570.000 della Giulia T.I. prima serie.
|
Fra il 1963 e il 1964 furono costruite in tutti 501 Giulia TI Super, suddivise in due serie apparentemente identiche (a parte il supporto per il servofreno). Oggi la Giulia TI Super è una vettura piuttosto rara, e dei 501 esemplari prodotti ne sono rimasti poco più di trenta.
Differenze con la TI:
eliminazione dei doppi fari per realizzare delle prese d'aria al posto dei fari più piccoli la cui apertura è riparata da piccole griglie metalliche.
i cerchioni apparentemente di serie sono in realtà realizzati dalla Campagnolo in lega leggera e sono dotati di fori di aerazione quadrati anziché rotondi.
sulla fiancata è comparso un quadrifoglio e i finestrini posteriori sono in plexiglas.
i paraurti sono privi di rostri .
Negli interni, curati da Zagato notiamo:
sedili di tipo sportivo più avvolgenti
cruscotto con strumenti rotondi invece del tachimetro a nastro
volante a tre razze Helleback
Immagini
|
|
La dicitura Giulia TI Super posta sul cofano anteriore.
|
|
|
Lo scudo della Super TI.
|
|
Il falso gruppo ottico sostituito con una griglia di presa d’aria
|
|
La strumentazione della TI Super.
|
Gli interni della TI Super con i sedili avvolgenti sportivi.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Il cerchio alleggerito della Ti Super riconoscibile per le feritoie modificate rispetto alla TI.
|
|
Veduta frontale della TI Super.
|
|
Veduta posteriore della TI Super con le cromature intorno ai gruppi ottici posteriori.
|
Una Giulia TI Super impegnata in una competizione sportiva alle prese con una Porsche 911.
|
|
|
|
|
|