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Roma a mano armata
La Trama
Il commissario Tanzi, dopo aver ricevuto una soffiata, si reca in una bisca clandestina aperta dai marsigliesi di Ferender. Fatta irruzione con i suoi agenti, Tanzi si rende conto che il posto non ha nulla d'illegale. Fuori dal locale, però, il commissario riconosce Savelli, scagnozzo di Ferender, e lo arresta. La permanenza di Savelli in commissariato è breve, giusto il tempo di essere pestato da Tanzi e l'avvocato lo fa rilasciare con un cavillo.
Il giorno dopo, durante una rapina, Savelli ed i suoi uccidono una guardia. Tanzi si mette in caccia dell'omicida e si reca al mattatoio da Moretto detto il Gobbo, cognato di Savelli, che però non ha intenzione di parlare. Tanzi, allora, lo incastra e lo trascina dentro, per poi dargli una buona dose di botte. Ma il Gobbo in bagno finge il suicidio, viene liberato e mette in cattiva luce il commissario, svelando i suoi metodi. Il vice questore, infatti, lo declassa all'ufficio Licenze Pubblici Servizi.
Il Gobbo, intanto, organizza il sequestro della compagna di Tanzi, che lavora come magistrato. Tanzi riesce a salvare Anna, che è stata rinchiusa in una macchina e quasi stritolata dallo sfascia carrozze. Intanto, un gruppo di ragazzi rapisce una coppia e violenta la ragazza: ma il fidanzato s'imbatte in Tanzi che, in un rocambolesco inseguimento, provoca la morte di uno dei malviventi.
Il giorno successivo, il vice commissario Caputo scagiona Tanzi da qualsiasi colpa. Poco dopo, una donna chiede a Tanzi aiuto per sua figlia Marta, eroinomane soggiogata dallo spacciatore Tony Parenzo. Il commissario si mette sulle tracce della ragazza, ma al suo arrivo in casa, lo spacciatore ha già iniettato una dose letale a Marta e si è dato alla fuga. Quando Tanzi lo riacciuffa, lo minaccia di morte se non gli darà informazioni su Ferender.
Ma, proprio sul punto di parlare, Parenzo viene ucciso da un colpo esploso dall'interno di un'auto. Nel frattempo è in corso un'altra rapina: questa volta, però, Tanzi è pronto ad intervenire; entra, spara e libera gli ostaggi. Il Gobbo, intanto, viene identificato da un benzinaio: è la seconda volta che sfugge a Tanzi, ma non succederà più.
All'improvviso, il commissario si trova tra le mani un dossier su Ferdinando Gerace, personaggio intravisto sia durante la retata nella bisca sia nei dintorni di casa di Tony Parenzo: Gerace è, infatti, l'intestatario del capannone dove il Gobbo si riunisce con i suoi.
Tanzi va sul posto, fuori trova parcheggiata la macchina usata nell'omicidio di Parenzo, entra, ma viene subito sopraffatto: il Gobbo lo immobilizza e gli confessa d'aver ucciso Ferender. Caputo, che sta appostato fuori dal capanno, sopraggiunge ed intima al Gobbo di arrendersi. Il Gobbo uccide Caputo, ma Tanzi riesce a sua volta ad eliminarlo.
Il Cast
Roma a mano armata nasce dal desiderio del produttore Luciano Martino di sfruttare il filone del poliziottesco, allora all'apice del suo successo di pubblico (non di critica). Per far questo Martino chiamò i due attori di maggior successo di allora nel genere, vale a dire Maurizio Merli e Tomas Milian. Ma Milian chiese molti più soldi di Merli, così Martino decise di far fare a Milian una "partecipazione straordinaria", vale a dire che pagò l'attore cubano per pochi giorni di lavoro, ma il suo nome venne inserito nei cartelloni accanto a quello di Maurizio Merli.
La Regia
Dopo Milano odia: la polizia non può sparare, più un noir che un poliziottesco, Umberto Lenzi tornò al poliziesco classico, del quale diventerà uno dei maestri.
In origine il film si doveva intitolare Roma ha un segreto ed era una storia di spionaggio ambientata a Trastevere. Lenzi però rifiutò la sceneggiatura, e propose a Martino di fare un film spezzettato, sulla violenza della Roma dell'epoca. La proposta del regista venne accettata e dopo una settimana Dardano Sacchetti scrisse la sceneggiatura.
Lenzi ha raccontato che il personaggio del Gobbo gli è stato ispirato da un macellaio conosciuto nell'infanzia. Inoltre a Roma è esistito davvero il gobbo del Quarticciolo.
Per il personaggio di Ferrender il regista si è ispirato a un gangster che all'epoca fece parlare molto di se: tale Berenguer, appartenente alla malavita marsigliese.
Le riprese
Le riprese del film avvennero ovviamente a Roma.
La rivalità tra Maurizio Merli e Tomas Milian era molto forte («Dire che tra Tomas e Maurizio ci fosse rivalità, nonostante fosse stato proprio Tomas a volerlo come protagonista, è ancora un eufemismo», ha dichiarato il regista). Nella scena finale, quando il Gobbo, dopo aver ucciso l'altro poliziotto disarma Merli e lo prende a calci quando è a terra, Milian tempestò realmente di calci Merli, tanto che quest'ultimo s'infuriò e il regista fu costretto ad interrompere le riprese, riprendendole il giorno successivo.
La Critica
All'epoca il film fu accolto dalla critica italiana con le soltite accuse di fascismo e giustizialismo. Comunque vi furono anche critiche semipositive, che evidenziarono l'impianto narrativo del film e la spettacolarità delle scene d'azione.
In anni più recenti il film è stato ampiamente rivalutato, ed è considerato una pietra miliare del poliziottesco.
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