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DAS ALFA – Il piano VW
La querelle sull'interesse dei tedeschi per il marchio italiano va avanti da mesi. Vi diciamo che cosa c'è di vero.
di: di Roberto Lo Vecchio (Quattroruote – Agosto 2010)   Pubblicato il 26/07/2010    (Letture 2040)

C'è chi giura che i disegni siano già nei cassetti della direzione dello stile del gruppo Volkswagen. Disegni di prodotti futuri. Di più: bozzetti di una gamma completa. Soltanto che sulla calandra non portano il logo Volkswagen o Audi o Skoda, bensì quel biscione visconteo in cima a uno scudetto triangolare che dai lontani anni 10 abbiamo imparato ad associare all'Alfa Romeo.


Una spider compatta a motore centrale è tra i progetti chiave concepiti a Wolfsburg




Le voci sulla possibile vendita dell'Alfa alla Volkswagen si rincorrono da quasi un anno. L'ultimo a rinfocolare le indiscrezioni è stato, un mese fa, un analista dell'autorevole Credit Suisse, Arndt Ellinghorst, che ha detto che soltanto in mano alla Volkswagen l'Alfa potrebbe raggiungere l'obiettivo di 500 mila auto l'anno che le è stato assegnato dal piano industriale dei gruppo Fiat presentato in aprile. E mentre i «futurologi» si fanno in quattro per prevedere se e quando il passaggio del Biscione sotto la bandiera tedesca potrebbe avvenire, e mentre - va detto - i rispettivi gruppi automobilistici smentiscono ufficialmente, «Quattroruote» è in grado d'affermare che alla Volkswagen c'è già pronto un piano prodotti per l'Alfa. Ve lo proponiamo in queste pagine, assieme ai retroscena di un corteggiamento mai dei tutto interrotto tra Wolfsburg e Arese. Spinto soprattutto da un uomo, che, da quando lasciò l'Italia, ha un chiodo fisso in testa: riconquistare la «sua» Alfa.
Quest'uomo si chiama Walter de' Silva, direttore dello stile Volkswagen, ed è il consigliere più ascoltato del gran capo del gruppo tedesco, Martin Winterkorn.

Ciò che manca ad audi
Il piano elaborato a Wolfsburg per la gamma Alfa Romeo prevederebbe una linea di prodotti molto semplice, la cui ossatura principale è basata su alcuni modelli di grandi volumi, che coincidono in linea di massima con le fasce di mercato oggi coperte dall'offerta Alfa. Più in dettaglio: una piccola (quella che oggi è la MiTo) che verrebbe sviluppata su base Audi A1; una media (quella che oggi è la Giulietta) su base Audi A3, da cui ricavare anche una versione cabriolet, una medio-grande (erede della 159) in versione berlina e station wagon. Tutte, però, con una forte connotazione sportiva. Per la Volkswagen, l'Alfa dovrebbe avere quel ruolo di anti-BMW che all'Audi non sono riusciti ad attribuire. In quest'ottica, una sport utility, che per il piano Fiat dovrebbe uscire nel 2012, non è ritenuta una priorità. Tanto ci sono le Suv Audi...
Determinanti, invece, sul piano dell'immagine, le sportive: una coupé e una spider piuttosto compatte. E' assai probabile che nascano dal famoso progetto Blue Sport, l'architettura a motore centrale presentata per la prima volta al Salone di Detroit nel 2009 e che darà origine all'Audì R4, oltre che a una variante spider Volkswagen e a una Porsche.
Con l'acquisizione dell'Alfa, si aggiungerebbe al progetto il quarto marchio. Infine, mentre nel piano Fiat non c'è alcun modello nella fascia alta, a eccezione d'una grande Suv su base Jeep, la Volkswagen pensa a una sostituta della 166, quella di cui si parlava in Alfa fino a pochi anni fa con la sigla 169. E naturalmente si rifarà la 8C Competizione. La base tecnica? La R8, sempre a motore centrale. Il piano produttivo, però, non sarebbe di 500 esemplari, ma di almeno 5.000.

Perchè può funzionare
Quanto ci vorrebbe per tradurre in pratica un piano del genere? E perché dovrebbe avere successo? La seconda domanda ha la risposta più facile: risorse. Quelle che sono sempre mancate all'Alfa in questi anni, perché le priorità erano altre: risanare il marchio Fiat prima, quello Chrysler poi. Risorse e la metodicità di programmazione di quella che pare un'inarrestabile macchina da guerra. Senza contare la quasi illimitata disponibilità di architetture, moduli, componenti, motori, cambi dal vasto scaffale del gruppo. Quanto ai tempi, se davvero la Volkswagen acquistasse l'Alfa, diciamo entro l'anno, la prima auto nuova a uscire sotto le bandiere di Wolfsburg potrebbe essere proprio la coupé o la spider compatta su base R4, un'auto fortemente iconografica, utile a dare subito quella spinta d'immagine di cui l'Alfa ha bisogno. Nell'arco di tre-quattro anni, potrebbe arrivare la sostituta della 159, mentre il 2013 è la data naturale della fine dei ciclo di vita dell'attuale generazione della MiTo, che quindi potrebbe essere rimpiazzata da un'erede fatta sull'Audi A1. Solo, molto più sportiva. La macchina della produzione attuale Alfa che la Volkswagen dovrebbe tenere in listino più a lungo sarebbe la Giulietta, appena uscita. Ma del resto, è un buon prodotto e il suo carattere sportivo potrebbe essere accentuato.

Una storia personale
Fanta-industria? Non del tutto. Dietro il sogno di rilevare l'Alfa Romeo c'è un lucido piano industriale e commerciale: avere un marchio dal leggendario retaggio sportivo che Audi, per storia e posizionamento, non potrebbe mai essere. Ma, in questa vicenda, il fattore umano forse conta ancora di più. Il copione è quasi da western, e - visto il marchio coinvolto - è il caso di dire «all'italiana»: prima o poi il cavaliere solitario tornerà a prendersi la sua rivincita. Sin da quando se ne andò sbattendo la porta nell'ormai lontano 2000 in aperto conflitto con Paolo Cantarella, allora amministratore delegato della Fiat, Walter de' Silva, ai tempi direttore dello stile Alfa, ha un chiodo fisso. Tornare a Milano da «vincitore». Poco importa che i suoi detrattori d'allora non ci siano più, le guerre personali si possono fare anche contro i mulini a vento. E contro i fantasmi. Secondo gli ambienti del Torinese, la marcia di avvicinamento è cominciata da lontano, prendendo alcune figure chiave dai Centri stile italiani con una campagna acquisti che è ancora in corso, dai livelli manageriali, come nel caso di Luca De Meo, fino all'acquisizione dell'Italdesign poco più di un mese fa.
Ma quanto tutto ciò risponde ai sogni di De' Silva e quanto, invece, è radicato nella realtà?
Martin Winterkorn, boss del gruppo tedesco, ha grande stima del suo direttore del design. Più volte ha manifestato l'interesse per il marchio Alfa. E le trattative sono effettivamente avvenute. Poi c'è stato uno stop. Secondo alcuni, ora sarebbero riprese in gran segreto. Eccone i retroscena.
Quando la Fiat scandagliava il mondo dell'auto a 360 gradi per trovare un partner, più o meno due anni fa, aprì un canale anche con il gruppo Volkswagen per valutare una cooperazione industriale. Nella trattativa, che venne affidata a Luca De Meo, entrò anche il forte interesse dei tedeschi per il marchio Alfa. Ma nel frattempo, mentre De Meo parlava con la Germania, Marchionne trattava con gli americani per ChrysIer. La chiusura della trattativa per rilevare il colosso di Detroit mandò in cantina i contatti con Wolfsburg. Dicono che De Meo ci sia rimasto male.
La controparte tedesca, però, ne aveva tanto apprezzato le idee che pochi mesi dopo lo avrebbe reclutato per fargli guidare il marketing Volkswagen e più tardi quello dell'intero gruppo.
In teoria, sulla carta, l'affare sarebbe già fatto: la Fiat ha dimostrato di non sapere bene che cosa farsene, dell'Alfa, e come lanciarla; alla Volkswagen, invece, interessa. Quindi, che cosa trattiene Winterkorn e Marchionne dal mettere una bella firma su un contratto sotto i flash di mezzo mondo? Uno dei nodi spinosi della trattativa è sempre stato Pomigliano. La Fiat sarebbe stata ben felice di dare ai tedeschi il sito produttivo assieme al marchio, ma quelli non avevano intenzione di accollarselo. Ora che a Pomigliano si farà la Panda, non sarebbe più un ostacolo. Eppure a Marchionne l'idea di fare un regalo ai tedeschi non piace e l'Alfa preferirebbe tenersela. Il piano presentato in maggio e l'affidamento dei Biscione nelle mani di Harald Wester sono l'ultima fiche da puntare sulla casella dell'Alfa. Ma se non dovesse andare bene, lo scenario cambierebbe. I tedeschi lo sanno, e stanno alla finestra. Con, in caldo, il loro piano di nuovi prodotti.


La nostra ricostruzione della 169, erede della 166: un auto che la Fiat ha abbandonato, ma che la Volkswagen vorrebbe rifare.






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